Definito da D'Annunzio il più grande e originale poeta apparso in
Italia dopo Petrarca, iniziatore della poesia frammentaria e inventore di
una lingua nuova fatta di simboli e musicalità attraverso cui esprime
l'irrazionale, Giovanni Pascoli ha influenzato tutta la poesia del Novecento.
Molti sono i luoghi a cui il poeta è legato a causa del suo continuo migrare, come
racconta Luigi Oliveto in Giovanni Pascoli il poeta delle
cose. La vita, le opere, l'universo lirico (C&P Adver Effigi, 2012).
Pascoli
visse un'infanzia spensierata fino all'assassinio del padre nella casa natale
di San Mauro cantata con nostalgia e affetto in molte liriche.
Per un attimo fui nel mio villaggio,
nella mia casa. Nulla era mutato.
Stanco tornavo, come da un viaggio;
stanco, al mio padre, ai morti, ero tornato.
Monumento
nazionale dal 1924, l'edificio, danneggiato notevolmente durante il secondo
conflitto mondiale, venne ristrutturato ripristinando la struttura originaria.
L'unica stanza che si presenta com'era durante l'infanzia del poeta è la
cucina. Nella camera da letto è conservata la sua culla di legno. Nello studio, arredato con i mobili che Pascoli aveva a Bologna quandogli venne assegnata
la cattedra di Letteratura italiana che
era del suo maestro Giosuè Carducci, sono esposte le prime
edizioni delle sue opere, donate con affettuose dediche autografe alla città.
Vi si conserva anche l'originale del manoscritto Romagna che rievoca l'amore e la nostalgia per la sua terra, come raccontano G.M. Gori, R. Boschetti, P. Maroni in Il ritorno
annunciato. Pascoli e San Mauro. Poesia fatti persone luoghi (Il Ponte
Vecchio, 2015):
sempre mi torna al cuore il mio paese
cui regnarono Guidi e Malatesta,
cui tenne pure il Passator cortese,
re della strada, re della foresta.
"Io ci ho passato i cinque anni migliori, più
operosi, più lieti, più raccolti, più raggianti di visioni, più sonanti
d'armonie della mia vita". Con queste parole Pascoli descriveva a Ludovico
Fulci il suo soggiorno a Messina come insegnante di Letteratura Latina all'Università.
L'appartamento di Palazzo Sturiale al civico
162 di piazza Risorgimento viene scelto dal poeta perché "moderno, abbastanza
vasto, e soprattutto sicuro contro il terremoto". Infatti l'edificio
resisterà alla catastrofe del 1908 che lascerà sconvolti Pascoli e la sorella
Maria, partiti definitivamente dalla città nel 1902: "Tale potenza nascosta
donde s'irradia la rovina e lo stritolio, ha annullato qui tanta storia, tanta
bellezza, tanta grandezza. Ma ne è rimasta come l'orma nel cielo, come l'eco
nel mare. Qui dove è quasi distrutta la storia, resta la poesia".
Ma è la campagna di Castelvecchio che il
poeta del Fanciullino sceglie come definitivo
nido nel 1895. Vi trascorre gli anni
più tranquilli della sua esistenza, fino alla morte, componendo forse le raccolte più belle e famose: Myricae, Primi Poemetti, Canti di
Castelvecchio, e Poemi Conviviali,
rievocando ancora il passato
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era...
sentivo mia madre... poi nulla...
sul far della sera.
Vi si conservano circa 76.000 carte e
12.000 volumi, tutto è fermo al momento della
morte del Poeta. In una cappella nel giardino Pascoli riposa accanto alla
sorella Maria.
Marta Galofaro