Caro Luciano
I"μῶρος δὲ θνητῶν ὅστις ἐκπορθεῖ πόλεις
ναούς τε τύμβους θ', ἱερὰ τῶν κεκμηκότων·
ἐρημίαι δούς <σφ'> αὐτὸς ὤλεθ' ὕστερον." [1]
Caro
Luciano,
come ben
sai, il patrimonio culturale mondiale nel corso della storia ha subito gravi
attacchi da parte dell'uomo e della natura. Il suo danneggiamento, o ancor
peggio la sua distruzione, ha minato la custodia della storia dell'uomo, il
segno del suo passaggio su questa terra, l'espressione dell'identità culturale
di un popolo.
I
terribili eventi di guerra che stiamo vivendo non possono non farci pensare a
chi, come te, ha difeso la memoria e il valore dell'Arte.
Oggi più
che mai, mentre bombe e carri armati seminano morte e distruzione in Ucraina
come nel resto del Medio Oriente, annientando Arte e storia, con la collettiva
"Storia e Contemporaneità tra Passato e Presente" si vuole esaltare la bellezza
e l'Arte per omaggiare chi ne difende la memoria, come hai fatto tu che
all'Arte hai dedicato tutta la tua vita.
Nella
tragedia Le Troiane di Euripide Ilio è caduta, la guerra è finita e i
superstiti attoniti scorgono con orrore le macerie che hanno soppiantato la
loro città, le loro case. Hanno perduto compagni, sposi, figli.
Anche gli
dei che si erano schierati dalla parte degli Achei riconoscono le crudeltà e le
nefandezze da loro commessi decidendo per loro un νόστος (ritorno)
tormentato e doloroso. Gli uomini, immemori della propria natura mortale, sacrileghi
verso gli dei e verso la memoria dei defunti, hanno consegnato tutto all'oblio.
Le loro azioni, atroci e sventurate, hanno vanificato i valori della polis
e decretato la fine della civiltà stessa. L'uomo in persona ha voluto la
propria fine, usando la guerra come illogico strumento risolutivo.
Mentre
scrivo mi piace immaginarti, come tanti anni fa, a chiacchierare con me di arte
e letteratura seduto al tavolo di un bar. Ci saremmo ricordati, ad esempio, di
quando Pablo Picasso incontrò in Spagna il nostro pittore contadino e lo definì
"un pittore grande grande che dipinge piccolo piccolo". Picasso non alludeva
alle dimensioni delle opere di Francesco Giombarresi, ma a
quell'attenzione per la Natura e le piccole cose di pascoliana memoria. Caro
Luciano, è veramente piacevole osservare e commentare con te queste opere. Un' esplosione di colori
ricopre ogni centimetro della tela come a imprigionare il mistero della vita
nel reale. L'artista traccia veloci linee, dense di colore, fino ad ottenere
un equilibrio, sia in un paesaggio naturale sia in volti che ricordano le
maschere di Munch, in un ritorno ossessivo sullo stesso soggetto che si
triplica in visi che si interrogano e interrogano.
Come non
pensare guardando le opere di Wanda Lantino Poletti a "L'interpretazione
dei sogni" di Freud e al verso 312 del VII libro dell' "Eneide" di Virgilio di
cui si fa richiamo anche nel titolo di un'opera. Sulla tela si esplicita il
viaggio nel subconscio per la coscienza di sé. È la condivisione di un sogno,
il modo personale che ciascuno ha di cogliere ciò che cela nell'io più profondo
e di esternarlo. La realtà viene abbandonata per dare spazio all'immaginazione,
libera dalle sovrastrutture mentali. Temi onirici, illusioni ottiche,
cambiamenti testimoniati da larve, già quasi insetti.
Nelle
opere di Vittorio Balcone il vuoto si compenetra con il pieno. La
materia si unisce allo spazio, è lo stadio finale dell'evoluzione della forma
nel vuoto. Si intuisce il movimento che è stato compiuto nel pieno controllo
dell'artefice che lo ha creato, ponendo le forme in perfetto equilibrio.
Balcone concretizza Aristotele quando parla di entelechia per spiegare
il termine finale del movimento, dopo il passaggio dalla potenza all'atto.
Nello scultore la potenza sta alla materia come l'atto alla forma.
Non si può
osservare le sculture di Biagio Micieli senza ricordare le opere cubiste
di Jaun Gris, Picasso o Zadkine. Nelle sue creazioni tutto è magistralmente in
ordine, essenziale, in perfetto equilibrio. La geometria delle forme è stata
imprigionata in un blocco lavorato con superfici variate. È la materia che
riemerge dal caos primordiale per trovare le forme definitive nello
spazio, così come erano state immaginate nella mente dell'artista. Il risultato
estetico è moderno, sebbene, in qualche modo, rimandi ad antiche immagini.
Eleganti e
raffinate le donne di Biagio Brancato si materializzano più o meno
evanescenti sulla tela grazie ad una tecnica raffinata. Le pennellate, sia nei
ritratti di donne che nel paesaggio, sono date con tocchi veloci che rimandano
ad alcune opere di Mafai. Anche il pittore comisano, come il suo predecessore
della scuola romana, pone l'attenzione nella scelta accurata della tavolozza e
della luce, senza trascurare i forti chiaroscuri e i volumi. Caro Luciano, hai
ragione a ricordarmi che Brancato è stato un incisore di grande valenza e
spessore nelle sue xilografie.
Raffaele
Romano ci invita a fare un viaggio onirico nel mito. Il seno,
protagonista assoluto della tela, mostra una femminilità esuberante e generosa,
nello stesso tempo sacra e profana, al contempo purezza e peccato. La donna si
impone come origine della vita e mette quasi in secondo piano la storia che
racconta. La tecnica pittorica è magistrale, l'artista varia le tonalità dei
colori preminenti su tutta la superficie, dando vita a immagini fiabesche e
suggestive, nate da pennellate rapide e allo stesso tempo incisive.
Luciano,
ricordo Giuseppe Salafia al lavoro nello studio di via Conte di Torino
che condivideva con papà, Luigi Galofaro. Quando andavo a trovarli adoravo gli
odori di quelle stanze e il loro disordine ordinato. Restavo affascinata da
quel mondo, in modo particolare dalla creta che prendeva forma mentre Salafia
la modellava sapientemente per dare vita alle sue forme armoniose e levigate.
Nella sua arte marmi policromi, gioco di pieni e di vuoti, totem moderni dal
sapore antico, simboli che raccontano di nascita e rinascita, come
l'inaspettato germoglio che timido suggerisce che la primavera torna sempre.
Nell'anno
in cui io nascevo, Saro Lo Turco curava l'arredamento di un film di
Bertolucci, "La luna". Erano gli anni in cui si imponeva come scenografo per il
cinema e il teatro. Ma le emozioni più forti arrivano dopo il trasferimento a
Sidi Bou Said quando l'artista trova nuovi stimoli e inizia a sperimentare il
colore che nasce dall'osservazione del paesaggio e della luce, che trasforma le
cose e fa apparire diversi persino gli stessi soggetti. Ogni suo paesaggio
ricorda l'amore che l'artista ha per la terra africana e cattura l'osservatore
al punto che questo si immagina farne parte.
Antonio
Virduzzo è grafico d'avanguardia in composizioni modulari che riproduce
anche nella tecnica scultorea e nell'oreficeria. Nell'opera "Stele" gli anelli
delle catene che vogliono assoggettarci si moltiplicano, ci imprigionano, ma
l'uomo trova la forza di spezzarli nella ricerca di quella libertà che trionfa
nell'ultimo anello all'apice del bronzo. Nella sua grafica i moduli si
duplicano, acentinaia, migliaia, uniti da un destino comune. Ciascuno
di noi è solo di passaggio su questa terra, qualcuno sopravvive alla morte nel
ricordo comune, altri si impongono alla memoria con le loro gesta, ma di altri
non resta che un'ombra, un flebile ricordo o nulla.
Sai,
Luciano, sorrido pensando che il professore Raffaele Terranova era stato
inconsapevolmente l'inventore di un'alternanza scuola-lavoro ante litteram.Era un privilegio per i suoi alunni essere invitati nella sua bottega a
"imparare il mestiere". Vederlo lavorare con i ceselli il rame, osservare la
sua mano sbalzare sicura la lastra e vedere le figure prendere forma con gli
strumenti personali e unici, creati in base alla necessità del momento. Con
questi arnesi, semplici e antichi, Raffaele Terranova domina la materia e la esalta,
lavorandola con pazienza per dare forma alla bellezza e all'armonia delle sue
opere.
Come
dimenticare l'umanità del Direttore Germano Belletti che alla fine degli
anni '50 rivoluzionava la gloriosa Scuola d'arte con metodologie e idee
innovative! La composizione "Notte siciliana" è un omaggio alla città di Comiso
e alla Sicilia, una foto scattata con i suoi occhi per fissare il ricordo di
quella terra che lo ha accolto e apprezzato come uomo e come artista. Ceramista
di notevole spessore, pluripremiato in mostre a carattere internazionale,
trasferisce la sua arte e conoscenza della materia anche nelle sculture e nei
dipinti, infatti l'opera "Dama e cavaliere" sembra proprio un bozzetto per un
pannello di ceramica.
Eleganti e
raffinate, dal sapore contemporaneamente classico e moderno, i bronzi di Giuseppe
Micieli sono stati modellati con perizia tecnica e buon gusto. La patina li
colora di antica bellezza, rendendoli ancora più preziosi. I volumi sono
accuratamente calcolati sia che le figure prendano vita da un blocco, come
nella composizione "Coniugi", sia che si sviluppino nello spazio con masse più
dinamiche, come in "Cornamusa" e in "Sorelline". Le sue opere sono
novelli idilli che si materializzano.
Giovanni
Di Nicola nelle sue sculture ricorda il dramma dell'essere umano moderno.
Il messaggio suggerisce la perdita di valori e di punti di riferimento
dell'uomo contemporaneo, convinto di essere protagonista e dominatore della
storia quando, nella maggior parte dei casi, la subisce e ne è prigioniero. Lo
scultore trasferisce nella sua arte la solitudine dell'uomo che non
lascia spazio nemmeno ad un'immaginazione consolatoria. Le forme sono molto
frastagliate e la patina è per l'artista una componente essenziale, utilizzata
per caricare di emozione e arricchire di antico le sue creazioni.
Le
sculture modulari di Nino Caruso trasferiscono nel presentearchitetture
del passato. L'artista è un ceramista innovatore e promotore della ceramica raku
che ha promosso in tutto il mondo. Le sue ceramiche interagiscono con lo
spazio, i moduli animano un chiaro scuro, dando dinamicità alla scultura.
Spesso i tagli applicati ricordano il movimento, le onde, la musica. Nino
Caruso con le sue opere ha dato prestigio alla tecnica della ceramica
equiparandola ad altre tecniche scultoree.
Orazio
Pelligra è abile nell'uso della matita con cui traccia segni rapidi ma
incisivi. Anche nella pittura è condizionato dal disegno che resta alla base
delle sue opere. La materia pittorica è corposa, le pennellate veloci, ma incisive.
I volti dei personaggi sono espressivi e convincenti e ricordano l'uso del
colore dei pittori dell'Impressionismo, rimandando al Realismo novecentesco nel
risultato. Nelle sue tele prendono forma persone e personaggi, fotografati
dagli occhi attenti dell'artista che li impone alla memoria.
Elio
Licata ci invita a tuffarci nella storia della sua Gubbio, rivisitando
le tavole eugubine e dando loro nuova e moderna vita. I canoni scultorei
tradizionali vengono messi in discussione e l'opera si trasforma in un oggetto
con cui il fruitore può entrare in contatto. L'artista quasi lo invita a
sfogliare le pagine del libro o a raccogliere e ripiegare la fisarmonica
metallica che narra dei martiri della città umbra.
Gesualdo
Spampinato è attento non solo alla tecnica pittorica, di cui nelle sue
opere dimostra grande padronanza, ma anche al messaggio che vuole tramandare.
In "Città che vola" l'aeroporto di Comiso e il Mediterraneo come ponte fra i
popoli e le culture. In "Croci bianche" colpi di mitragliatrice e di cannone
segnano drammaticamente la tela. Il bianco indica che la guerra cancella tutto,
tranne i crimini di cui l'uomo si è macchiato, che restano nello sfondo
indelebili. Le croci ricordano un famoso verso di Giuseppe Ungaretti: "ma nel
mio cuore nessuna croce manca".
Spampinato,
caro Luciano, mi fa tornare in mente Euripide che, come dicevamo, nella sua
attualissima tragedia racconta la crudeltà e l'insensatezza della guerra, di
ogni guerra.
La cosa
più grave, me ne darai atto, è che dopo milleseicento anni tutto è cambiato, ma
nulla è diverso e i vincitori e i vinti della guerra di Troia richiamano i
vincitori e i vinti di ogni conflitto, di ieri e di oggi.
Ogni
guerra decreta e sigla irrimediabilmente l'ennesimo fallimento dell'uomo capace
di cose straordinarie e di indefinibili crimini. Abile nel creare la bellezza,
ma altrettanto folle da distruggerla, capace di cancellare secoli e secoli di
storia, della propria storia, in un battito di ciglia: "Molte sono le cose
inquietanti e nessuna lo è più dell'uomo"[2].
Osservando
le opere di Giuseppe Atanasio Elia sembra di sbirciare gli interni di un
appartamento, e sentirsi partecipi dei "Silenzi e delle voci" della stanza.
Giochi di specchi confondono la vista e rompono lo spazio in ordinate
geometrie. Linee attraversano e tagliano, i colori e le sfumature dividono come
a ricordare che, come scriveva Pirandello, la verità non è mai una. Gli
interventi sul supporto fotografico sono controllati e di gusto, gli effetti
coloristici accentuano il senso onirico e poetico della composizione.
Gioacchino
Distefano è artista raffinato nell'uso della tecnica pittorica. Poeta
della tela rimanda alla potenza della natura con segni che ricordano radici
aggrovigliate di alberi in grado di tracciare tunnel inestricabili nel
sottosuolo o alla terra arida e spaccata dal sole su cui è impossibile il
lavoro della vanga. Il tutto in uno squisito ed espressivo uso del bianco e del
nero e della luce che rende vibrante la composizione. Nell'opera "Globi" il
colore e la luce esplodono in un azzurro che fa pensare a Venere, ai pianeti e
allo spazio, in un viaggio surreale nell'universo.
Anche
l'impasto dell'argilla è nuovo e singolare in Luigi Pero. Dopo la
cottura in forno il risultato è straordinario, il cotto appareneroe
dall'effetto ferroso, tanto da farlo sembrare metallo. I monoliti di Pero non
sono perfettamente lisci, la superficie rugosa li rende antichi. Sono forme
imponenti, semplici, ricercate e di gusto, in cui le forme essenziali rimandano
al mito, a totem primitivi. Si potrebbe parlare di menhir contemporanei.
Luciano,
so che è di antica data la tua amicizia con Salvatore Meli, un
compaesano di cui avevi grande stima. Ceramistae scultore di
altissimo livello, era capace di fondere in un equilibrio perfetto antico e
moderno. I suoi vasi sono raffinatissimi, straordinari per l'eleganza della
forma e la decorazione. Composizioni modulari, varietà cromatica, forme
geometriche compongono sculture dal sapore antico seppur
modernissime.
Luigi
Galofaro, abile nel lavorare i metalli e trasformare, attraverso l'uso
di patine, in metallo anche altri materiali, risulta sempre originale e
coerente con il suo percorso artistico. Nelle sue ultime opere è evidente il
conflitto umano, sia individuale che sociale. Le sue sculture sono
apparentemente statiche, ma, a guardarle con attenzione, vi si legge oltre a
una dinamicità palese un movimento in potenza. In "Integrazione" un'esplosione
centrifuga disgrega l'acciaio o il ferro e riordina la materia in un lucido,
razionale e geometrico comporsi e ricomporsi dei volumi.
Per
concludere questo nostro nuovo incontro, caro Luciano, ti voglio chiedere se
ricordi la proprietà transitiva in matematica. La ricordo bene perché mi
colpì molto quando al liceo il mio indimenticato prof. Pasquale Puglisi me la
spiegò. E oggi mi piace applicarla a quest'ultimo concetto che mi fa
piacere condividere con te. Se L'Arte è in relazione con l'uomo e la storia è
in relazione con l'uomo, allora anche l'Arte e la storia sono in relazione.
L'Arte è l'uomo, in una delle sue più alte forme di espressione. Dunque se
l'uomo distrugge l'Arte distrugge se stesso, condannando all'oblio anche il suo
passaggio nella storia. Grazie sempre, Luciano, per esserci stato e per aver
ricordato attraverso le tue parole questi artisti tuoi compaesani, contribuendo
a diffondere la bellezza e l'Arte.
[1] Euripide, Troiane 95-98. "Pazzo è chi tra i mortali devasta le città e i templi e le tombe, sacre
dimore dei defunti: consegnando tutto questo all'oblio perisce egli stesso."
[2] Sofocle, Antigone, vv. 332-333.