Sul Garda, il Vittoriale di D'Annunzio

10.01.2018

Dopo l'impresa di Fiume Mussolini pronuncia questa frase: "Gabriele D'Annunzio è come un dente marcio o lo si estirpa o lo si ricopre d'oro...io preferisco ricoprirlo d'oro". Così il poeta, perseguitato dai creditori, accetta di vivere nella villa a Gardone nel lusso più sfrenato a spese del regime fascista, all'unica condizione di donare tutto allo stato dopo la propria morte. Per questo la frase all'ingresso del Vittoriale: "Io ho quel che ho donato".

"Ho trovato qui sul Garda una vecchia villa appartenuta al defunto dottor Thode. È piena di bei libri...Il giardino è dolce, con le sue pergole e le sue terrazze in declivio. E la luce calda mi fa sospirare verso quella di Roma. Rimarrò qui qualche mese, per licenziare finalmente il Notturno". Sono le parole del poeta di una lettera del febbraio 1921 alla moglie Maria, pochi giorni dopo il suo arrivo, quando credeva che il suo soggiorno sarebbe durato solo il tempo necessario a completare il romanzo. La Prioria, casa del priore, secondo una simbologia conventuale a cui il Vate fa spesso riferimento, sarà, invece, la sua ultima dimora, la gabbia dorata in cui lo ha relegato il duce che del poeta teme le imprese, il carisma e la notorietà. D'Annunzio ne fece, con l'aiuto dell'architetto Maroni, la casa simbolo del suo "vivere inimitabile", arredata e decorata seguendo il suo gusto di "tappezziere incomparabile". Le vetrate dipinte, i pesanti tendaggi, la luce soffusa per consentire al poeta fotofobico di poter vivere, contribuiscono a creare un ambiente misterioso e suggestivo, un percorso iniziatico, sparso di simboli, che ne rammenta la sacralità. Il poeta vi creò ambienti per i vari momenti della vita: nella stanza della Musica amava ascoltare dietro pesanti tendaggi la sua ultima amante ufficiale, Luisa Bàccara. La stanza del Lebbroso, con il letto Delle due età, simile ad una bara e ad una culla, è luogo di meditazione dove ritirarsi negli anniversari fatidici della sua vita; la Stanza della Leda, rappresentata su un grande gesso sul caminetto mentre si trasforma in Cigno, è la camera da letto del poeta. Sulla porta si legge Genio et voluptati; di fronte su una piastrella Per un dixir. L'Officina, l'unica stanza nella quale entra la luce naturale, l'unica arredata con mobili di rovere chiaro semplici e funzionali è "lo studio dell'operaio della parola", come era solito definirsi. Vi si accede salendo tre alti scalini e passando sotto un basso architrave che costringe chi entra a chinarsi davanti alla poesia. Qui scrisse Il libro segreto. Dopo la penombra della villa la luce dell'Officina sembra far risalire dall'Ade al mondo dei vivi. Per questo l'architrave è sormontato dal verso virgiliano, hoc opus hic labor est. Leggii, scaffali inclinati e teche girevoli circondano il tavolo e lo scanno senza schienale su cui d'Annunzio scrive e lavora anche per sedici ore consecutive. A portata di mano le opere di consultazione frequente, su una delle due scrivanie il busto di Eleonora Duse, compagna e musa ispiratrice di d'Annunzio, "testimone velata" da un foulard di seta dell'incessante lavoro dello scrittore. Nelle stanze sono conservati circa 10.000 oggetti: reliquie, ricordi, cimeli e 33.000 libri. Niente è per caso, tutto ha uno scopo, un significato, un messaggio: la decina di pettini e spazzole sulla toeletta del bagno blu mostrano ad esempio uno dei vezzi di un uomo completamente calvo. La Prioria è luogo suggestivo in cui si respira l'essenza del superuomo, del personaggio pubblico, del combattente, dell'aviatore, dello scrittore, dell'amante, del poeta e forse anche dell'uomo.

"Già vano celebratore di palagi insigni e di ville sontuose, io son venuto a chiudere la mia tristezza e il mio silenzio in questa vecchia casa colonica, non tanto per umiliarmi quanto per porre a più difficile prova la mia virtù di creazione e trasfigurazione. Tutto, infatti, è qui da me creato o trasfigurato. Tutto qui mostra le impronte del mio stile, nel senso che io voglio dare allo stile. Il mio amore d'Italia, il mio culto delle memorie, la mia aspirazione all'eroismo, il mio presentimento della Patria futura si manifestano qui in ogni ricerca di linea, in ogni accordo o disaccordo di colori".

Marta Galofaro

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