LA CARTIERA DEL PRINCIPE
Immagina che un uomo sul letto di
morte chiami al suo capezzale un amico per affidargli una cartella piena di
fogli e di segreti con una raccomandazione: "Non ti lasciare sfuggire una
parola sul loro contenuto, che ti autorizzo a leggere ma non a divulgare [...] Un
giorno, quando sarà, [...] avvertirai il segnale chiaro, inequivocabile, che è giunto
il momento di rivelare al mondo i segreti contenuti in queste carte".
Immagina un bar, a Val d'Ippari, il
Tropical, e che dietro le sue tende rognose stia accadendo qualcosa di
incredibile: le anime siciliane stanno per essere giudicate e a ciascuna di loro
è concesso, dal momento che i Fattori nell'emissione del verdetto ne terranno
conto, raccontare la propria versione dei fatti della loro storia, prima del
giudizio finale.
Così Digiacomo nel suo ultimo
romanzo, La cartiera del principe, cambia
e sovverte i criteri di giustizia terreni e ultraterreni e le anime in suppillo (in pena), raccontano le
loro storie "saccheggiando a piene mani letteratura, arte, musica, cinema,
teatro, storia, storie, nel tentativo di farla franca e di guadagnarsi la
beatitudine eterna". E questo perché, come spiega Sua Eccellenza a Pietro tuculiuni, non è il caso di usare
l'onniscienza per giudicare le miserie umane in quest'angolo minuscolo
dell'Universo: "Da quando in qua spariamo ai passeri con un cannone?". "Ricapitolando,
agli uomini concessi il libero arbitrio, quindi, come sempre, li ho lasciati
liberi non solo di agire ma anche di rappresentare i fatti come gli piacesse:
menzogna e verità sono concetti umani e qui non siamo in un tribunale terreno,
qui noi giudichiamo con altri metodi, con altre logiche".
Nel frattempo la Morte, in abito nero
e con la falce, come vuole la tradizione, aspetta di compiere il proprio lavoro
scucchiaiando granita di gelsi neri all'ombra del Mastio.
Poi il segnale inconfutabile: le
pagine segrete devono essere divulgate ed è così che, unite agli appunti
dimenticati al Tropical da un certo Gabriele
'U Mutangulu, riordinate con rigore filologico, possiamo leggere anche noi
le storie di miseria e nobiltà, ira, omicidio, truffa, abuso, corruzione,
suicidio, invidia, incontinenza, lussuria, avidità, furto e inganno tra cui si
agita l'ensemble dei cento e più personaggi, plausibili e verosimili, della
Sicilia di fine '800.
Nelle pagine de "La cartiera del
principe" nulla è come sembra, verità e menzogna si confondono e, in perfetto
stile pirandelliano, non esiste una prospettiva privilegiata da cui il lettore
può carpire la verità perché le prospettive sono tante, come tanti e diversi
sono i personaggi che animano questo romanzo.
Il testo ha una premessa dell'autore
che si diverte ad interagire con il lettore e lo invita ad arrangiarsi qualora "asino
e pigro" non riesca a trovare la traduzione delle frasi e dei termini in
dialetto alla fine del libro. All'irriverente premessa segue un "prefazione
superba": "dopo questo libro, non avrai bisogno di leggere null'altro", poi
"ventitré racconti, sette peccati capitali, quattro virtù cardinali, una
tragedia in tre atti, un vocabolario, due secoli di storia".
Un meraviglioso dipinto del pittore
Giovanni La Cognata arricchisce la copertina de La Cartiera del Principe, il libro irriverente e complesso di
Giuseppe Digiacomo con cui nasce la prima collana di narrativa edita da
Archilibri, iDardi.
Il romanzo corale e postmoderno di
Digiacomo è caustico ed irriverente e al contempo sempre elegante e raffinato.
Storia, teatro, giallo, commedia vi sono miscelati con un risultato strepitoso,
avvincente ed efficace, da cui traspare l'amore per una terra, la Sicilia,
ardua e complessa, intrigata e intrigante, fatta di contrasti e di
contraddizioni, ma incomparabile con nessun'altra.
Marta Galofaro